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A Firenze, in una vecchia casa in via del Parioncino, abitava al primo piano Beatrice una ragazzina di 12 anni con la sua famiglia. Faceva parte di questa famiglia anche un cane di nome Cecco, un meticcio di 3 anni. Cecco era di taglia media, aveva il pelo folto, morbido, di color marroncino come il caffèlatte. Di corporatura piuttosto robusta, Cecco aveva le zampe corte e tozze e sembrava che portasse i calzini perché aveva le 4 zampette tutte bianche, la coda era lunga e un po’ spelacchiata sempre “arricciolata”. Ma il bello di Cecco era il muso; di forma allungata con un piccolo naso nero sempre in movimento e con due occhi grandi, marroni, lucidi e brillanti che sembravano intuire sempre cosa stesse pensando la sua padrona. Erano le cinque del mattino e Beatrice stava dormendo nel suo lettino con Cecco accucciolato ai suoi piedi. Stava sognando, quando sentì il rumore di acqua che scorreva e subito dopo Cecco iniziò ad abbaiare. Beatrice si svegliò di soprassalto e si accorse che la sua camera era piena d’acqua quasi fino al letto. Si spaventò tantissimo e iniziò a chiamare i suoi genitori, ma nessuno le rispose. Quando si accorse che non poteva scendere, pensò di controllare la situazione per strada aprendo la finestra. Appena aprì, un’ondata d’acqua la travolse, prima facendole sbattere la testa sul comodino e poi trascinandola oltre il davanzale, scagliandola così in un fiume di fango che aveva preso il posto della strada. Beatrice andò subito sottacqua e non sarebbe riuscita a salvarsi se Cecco non l’avesse presa per la camicia da notte e riportata a galla. Così abbracciati l’una all’altro senza nemmeno il tempo di capire, furono trasportati da un fiume scuro, freddo e appiccicoso che li portò ben lontani da casa. Quando riuscirono a fermarsi erano stanchi e affamati. Avevano trovato rifugio in una casa in cui erano riusciti ad entrare, aggrappandosi prima ad un palo e poi passando dalla finestra spalancata. La casa era vuota e tutta in disordine e mentre Beatrice e Cecco cercavano nei vari mobili qualcosa da mangiare e delle coperte con cui coprirsi, Beatrice trovò un pacchettino di lettere raccolte da un nastrino rosso. Sembravano lettere vecchie e non sapendo come passare il tempo mentre aspettavano che l’acqua si ritirasse, cominciò a leggerle. Cecco accucciato ai suoi piedi non si perdeva una parola e così anche lui fece la conoscenza di John, un soldato inglese che scriveva alla sua amata Milena che aveva dovuto lasciare alla fine della guerra. Verso sera Beatrice e Cecco ormai senza forze sentirono delle voci che chiedevano se ci fosse nessuno: erano i vigili del fuoco che passavano da tutte le case per portare in salvo le persone. Beatrice cominciò a gridare e Cecco ad abbaiare forte e fu così che i vigili andarono a prenderli, ma prima di saltare in braccio all’uomo che li avrebbe riportati a casa Beatrice prese le lettere, perché non se la sentiva di lasciarle in quel luogo abbandonato. A tarda sera si ritrovarono con la loro famiglia in una palestra di una scuola del Campo di Marte che era diventata un rifugio per sfollati. Prima ci furono gli abbracci e le lacrime di gioia, poi Beatrice raccontò tutta la sua avventura ai genitori. Nella palestra era stato allestito un punto in cui tutte le persone potevano andare a portare o a richiedere informazioni su cose perse o trovate durante l’alluvione. Ad occuparsene quella sera c’era una ragazza dai capelli rosso fuoco di nome Rita, un angelo del fango, così come vennero chiamati in seguito quei volontari. Beatrice le affidò le lettere che aveva trovato, chiedendo che fossero restituite alla proprietaria che forse le aveva dimenticate. Rita prese le lettere e promise che avrebbe fatto di tutto per ritrovare Milena o i suoi familiari. Mentre Rita parlava, accarezzava un micino tutto bagnato e sporco, Cecco le si avvicinò e prese a leccare il gattino con l’intenzione di pulirlo. Quando arrivò il momento di tornare a casa Cecco non ne voleva sapere di allontanarsi e così Rita, regalò il gattino a Beatrice e Cecco. Il cucciolo venne chiamato Latte perché dopo tutte le cure di Cecco era tornato ad essere bianco come un bel bicchiere di latte.